Mario e Luigi (ehm) vivono in uno sperduto villaggio dell'America del sud, ultimo rifugio di falliti, poveracci e derelitti spesso in fuga da un passato ingombrante. A scombussolare la quotidiana routine, fatta di espedienti per alcuni e di lavori miserabili per altri, arriva Jo, francese dal passato losco che si ritaglia rapidamente la sua fetta di potere e affascina Mario, che per seguirlo tronca i rapporti col generoso Luigi.

I personaggi del regista Henri-Georges Clouzot sono sempre tragicamente imperfetti, e quelli di Vite vendute non fanno eccezione. Eppure è proprio la loro continua danza tra perdizione e redenzione che dà sale al film, danza che si esaspera nella parte centrale della pellicola, in cui il trasporto di un pericoloso carico di nitroglicerina, lungo 60 chilometri di strade a dir poco dissestate, tiene sulle spine tanto i protagonisti quanto lo spettatore.

Il finale è quasi surreale - e molti potrebbero rimanerne interdetti, ma a ben vedere era l'unico finale che potesse avere un senso nell'insieme. Nonostante ciò, e nonostante la recitazione stentata della bella Vera Clouzot - moglie, all'epoca, del regista, che s'era messo in testa di farne un'attrice, e che qui era alla sua prima prova, per fortuna limitata a poche scene - Vite vendute rimane comunque un classico, imperfetto in alcuni punti (come i suoi personaggi, del resto), ma che sa colpire dritto allo stomaco. Da vedere.

Mario (a destra nella foto) e Luigi (a sinistra). Non sto scherzando!