Nella logica dell'alternanza evoluzione/rivoluzione della saga, questo capitolo apparteneva al novero di quelli rivoluzionari... ma forse fece il passo più lungo della gamba, e tuttora credo che sia l'episodio di Tekken ricordato con meno affetto.

Nel tentativo di svecchiarsi ancora una volta, Tekken 4 cercò di "tridimensionalizzarsi", aggiungendo al gameplay una serie di novità pensate per romperne lo schema da "due dimensioni più le schivate": il movimento venne fortemente orientato agli spostamenti in profondità (con un sistema simile a quello dei Dead or Alive), gli stage avevano dei dislivelli (come quelli di Virtua Fighter 3), e una delle due prese standard divenne una "strattonata" utile a piazzare l'avversario in posizioni da cui fosse vantaggioso far partire il proprio attacco. Tutte innovazioni interessanti, che però mal si integrarono nel sistema di gioco preesistente, dando vita ad un risultato finale poco organico.

In compenso vennero anche introdotte robe che poi sarebbero rientrate nel canone della serie: fu qui che i personaggi cominciarono a parlare e ad avere le loro scenette, e fu qui che vennero introdotti gli stage chiusi. Tekken 4 segnò anche il debutto del nuovo Jin, di un inedito Paul a corto di gel per capelli e, come bonus, il lavoro di motion capture fatto per Steve Fox (la new entry pugilistica) beneficiò anche gli altri personaggi, che finalmente cominciarono a tirare pugni in maniera decente.

In conclusione, un capitolo imperfetto, ma coraggioso: forse da riscoprire, quasi. Certo che però, quell'Heiachi coi mutandoni...


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