
Il regista - Federico Rizzo, in passato lui stesso impiegato in un call center - usa uno stile estremamente disincantato e ironico che, con i suoi sconfinamenti nell'assurdo, ricorda un po' i primi Fantozzi. Il film è però punteggiato da numerose testimonianze di veri operatori di call center che, presentate in un bianco e nero sporco e cupo, fanno da contrappunto alle più colorite vicissitudini del protagonista - anche se, andando avanti nella visione, si nota come il confine che separa realtà documentaristica e finzione scenica tenda a farsi via via più labile.
Pur nella sua povertà di mezzi (o forse proprio per quella), Fuga dal call center è, tra i film che mi è capitato di vedere sul tema, quello che mi è sembrato meglio centrare il bersaglio. Qui il precariato non è solo un momentaneo incidente di percorso, come nel giovanilistico Generazione 1000 euro, o come in fondo anche nel pur ottimo Tutta la vita davanti di Virzì. Nel film di Rizzo il precariato è presentato per quello che davvero è oggi nella vita di tante, troppe persone: una condizione esistenziale che tiene in perenne stato di animazione sospesa chiunque, per un motivo o per un altro, sia stato anche per un breve istante sconfitto dalla vita.
proprio oggi parlavo dell'infausto lavoro del Call Center. Il genere di questi film in realtà li trovo drammatici: ci fanno vedere la realtà di quello che c'è intorno...
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