Boris racconta il dietro le quinte de "Gli occhi del cuore", fantomatica fiction della televisione italiana alla cui realizzazione partecipa un coacervo di incapaci e raccomandati. Dopo averne sentito tanto ben parlare - in primis dall'esimio collega, che a suo tempo recensì il film - finalmente ho trovato anch'io il tempo di vedere questa serie, e non posso che unirmi al coro dei suoi estimatori, forte della consapevolezza che gli estimatori di Boris sono i Roberto Saviano degli estimatori di telefilm.

Boris si snoda su più livelli: quello più palese è il livello comico, riuscitissimo grazie a toni sempre leggeri e a personaggi e situazioni tendenti al surreale - spesso sembra di trovarsi di fronte ad uno dei trailer di Maccio Capatonda. C'è poi un livello satirico: Boris mette a nudo le miserie della TV italiana, sbeffeggia gli intrallazzi della politica - di tutte le bandiere - e lancia anche qualche frecciatina velenosa alle cricche degli ambienti autoriali. Infine c'è il livello della narrazione: in generale molto solido, presenta intrecci interessanti tra personaggi ben caratterizzati. Qui e là la sceneggiatura si sfilaccia un po', oppure toglie un po' di spazio alla comicità, come nella terza stagione, ma sono comunque cose di poco conto e ampiamente ignorabili.

Ciò che non si può ignorare è che Boris è una serie che non sa di muffa e di vecchio, che mette in campo e valorizza attori che altrove sono ingiustamente lasciati nell'ombra - in primis Francesco Pannofino - e che col sorriso sulle labbra affonda il coltello molto più in profondità di tanti maestri della rivoluzione da salotto. Se siete indecisi, vedetevi prima il film - è godibilissimo anche senza conoscere i personaggi da prima - e se poi come me rimarrete con la voglia di averne ancora, potrete darvi alla visione compulsiva di tutti gli episodi, facendo attenzione a non slogarvi la mascella dal ridere...!

Ogni tanto Boris si permette anche il lusso di sparare l'ardita meta metafora autoriale