Marc Doyle, cofondatore di Metacritic, ha dichiarato in un'intervista a CVG che in passato (non è stato esplicitato con precisione il quando) ha escluso una pubblicazione (il cui nome non è stato divulgato) dall'insieme di quelle usate per il calcolo dei meta-voti, perché erano state rilevate delle "pratiche corrotte" al suo interno. Sempre CVG riporta che Doyle di recente è stato ospite in un podcast, dove avrebbe detto che alcuni recensori "possono senza dubbio essere comprati".

Mi riservo di esprimere un giudizio più completo per quando avrò ascoltato il podcast, ma così a caldo direi: e c'è da stupirsene? Industria e giornalismo vanno sempre più a braccetto, le riviste e ancor di più i siti scontano una massiccia dipendenza economica dalle inserzioni dei publisher, e le recensioni stesse spesso vengono affidate a ragazzi inesperti che vengono pagati una miseria o non vengono pagati affatto (volete approfondire quest'ultimo punto? turatevi il naso e andate a leggere questo post sul blog di Zave).

Finché non si troverà un modello alternativo di business, ci sono poche speranze che la situazione evolva per il meglio. Anche i redattori più onesti e imparziali si ritrovano comunque a dover sempre fare i conti con le pressioni (più o meno velate) dei publisher, e spesso, paradossalmente, anche con le pressioni dei lettori stessi che, bombardati dall'hype e dal marketing, finiscono per farsi fare il lavaggio del cervello e per montare polemiche interminabili a causa del mezzo voto in più o in meno.

Il vero rischio, però, è che l'industria prima o poi decida di non servirsi più di riviste e siti, e di fare marketing attraverso altri canali. Oprah che si sbracciava per il Kinect potrebbe essere stata solo l'avvisaglia di come potrebbero andare le cose in futuro. E a quel punto, cosa ne sarà dell'informazione videoludica?