Se leggendo il titolo vi è venuto subito in mente l'albo di Dylan Dog, "La dama in nero", eliminatevelo pure dalla testa. La pellicola, che avrebbe dovuto segnare il distacco di Daniel Radcliffe da Harry Potter, di horror ha soltanto le finestre che sbattono e le porte che si chiudono da sole.

Le atmosfere, nel loro essere inverosimili, anzi completamente assurde, si sforzano di orientare il clima verso goticheggianti sensazioni lovecraftiane, a tratti anche con buoni risultati. D'altra parte il regista si sofferma troppo sul voler far saltare lo spettatore dalla sedia con dei banali "niente di fatto", sfruttando probabilmente tutti i cliché del genere, tanto da poter risultare in un horror di qualità, ma trasmettendo una pochezza di idee a tratti imbarazzante.

A livello di recitazione tutti fanno semplicemente il proprio lavoro, e purtroppo, per quanto il protagonista non rievochi quasi mai il famoso maghetto, è altrettanto innegabile che cucirgli addosso la parte di un padre di famiglia maturo e incorruttibile risulta poco credibile, quasi fino a infastidire.

Ultima nota stonata, ma solo a livello cronologico, il finale: ispirato forse alla miglior letteratura o ai migliori film del genere, come auspicabile, è una merda.