Ero indeciso se scrivere o no qualcosa riguardo alla morte di Steve Jobs - in questi casi, non si sa mai che dire, e onestamente non sono ancora convinto che un rispettoso silenzio non sarebbe stata la scelta migliore.

Ad ogni modo, quello che vi propongo di seguito è un ricordo di Jobs scritto poco più di un mese fa (a pochi giorni dal suo abbandono della carica di CEO) da Lisen Stromberg, scrittrice americana a cui è capitato in sorte il destino di avere Steve Jobs tra i suoi vicini. Non un'agiografia dell'amministratore delegato di una multinazionale, non un tributo al genio di un visionario, ma semplicemente alcune istantanee della vita di un uomo.

Perché, che amiate o odiate lo Steve Jobs dei keynote, dell'iPhone e degli Apple Store, quello che è morto ieri è anche, e forse soprattutto, lo Steve Jobs di cui state per leggere.

IL MIO VICINO, STEVE JOBS

Il mio vicino, Steve Jobs, ultimamente è al centro dell'attenzione. La notizia del momento è che si farà da parte per lasciare che altri talenti possano esprimersi in Apple. La stampa finanziaria, quella generalista, i blog e pressocché chiunque altro continuano a prodursi in sviolinate per "il più grande CEO di tutti i tempi", raccontando come questo "ragazzo meraviglia" abbia plasmato la natura stessa delle nostre vite col suo genio.

Ed è tutto vero, ma qui, a Palo Alto, Steve Jobs non è solo un'icona: è anche il tizio che vive in fondo alla strada.

Ho incontrato per la prima volta Steve (c'è ancora qualcuno che lo chiama Mr. Jobs?) anni fa, durante un party in piscina a casa di un vicino. Ero così sconcertata dal fatto che in quel momento stavo respirando la sua stessa aria, che sono riuscita a malapena a dire qualche parola. Sono sicura di avergli fatto una grandissima prima impressione quando ci hanno presentati e per poco non ricordavo più neanche come mi chiamavo.

Lo vidi nuotare nella piscina con suo figlio. Mi sembrò una persona normale, un bravo padre che si stava divertendo coi suoi bambini.

La volta successiva lo incontrai perché i nostri figli frequentavano la stessa scuola. Era un incontro con gli insegnanti, e lui se ne stava lì seduto ad ascoltare uno dei docenti che parlava del valore dell'educazione (un attimo, ma Jobs non era una di quelle divinità dell'alta tecnologia che non hanno neanche finito il college?) mentre il resto di noialtri sedeva intorno facendo finta che fosse normale che Steve Jobs fosse in quella stanza.

Non molto tempo dopo, vidi Steve mentre stavo facendo jogging nel nostro quartiere. Era impegnato in una profonda conversazione con una versione più giovane di sé - il suo mini-me personale in jeans, maglietta nera e occhialini tondi. Devo essergli sembrata un'idiota quando sono inciampata in una buca mentre mi facevo da parte per lasciarli passare.

Fu ad Halloween, poco tempo dopo, che mi resi conto che in realtà sapeva come mi chiamavo (sì, sapeva il mio nome!). Insieme alla moglie, Steve aveva realizzato una casa infestata in giardino (o, più precisamente, un giardino infestato). Lui se ne stava seduto lì, vestito da Frankenstein. Stavo passeggiando con mio figlio, e quando gli passai davanti lui mi sorrise, salutandomi: "Ciao Lisen". Mio figlio pensò che fossi la miglior madre del mondo quando realizzò che quello Steve Jobs mi conosceva.

Grazie per l'assist, Steve.

Da allora, ogni volta che lo vedevo tenere i suoi meeting tra dirigenti nel nostro vicinato, non esitavo a sorridergli e a salutarlo. Steve ricambiava sempre, a riprova che sì, forse era un genio, ma era anche un buon vicino.

Col tempo, le cose sono cambiate. Le sue passeggiate si sono fatte meno frequenti, la sua andatura più lenta, il sorriso non più così pronto. All'inizio di quest'anno, quando ho visto Steve e sua moglie camminare per il nostro viale tenendosi per mano, mi sono resa conto che c'era qualcosa di diverso. Adesso, anche il resto del mondo sa.

Mentre Newsweek e il Wall Street Journal e CNET continueranno a rimuginare sull'impatto dell'"epoca Jobs", io non starò lì a contemplare il MacBook Air che uso per scrivere o l'iPhone con cui faccio le telefonate. Piuttosto, penserò al giorno in cui lo vidi alla cerimonia per il diploma del figlio. Steve era lì, con le lacrime che gli scendevano lungo le guance, sorridente e orgoglioso mentre suo figlio riceveva il suo diploma e s'accingeva a incamminarsi verso il suo luminoso futuro, lasciandosi alle spalle un padre buono, e soprattutto un uomo convinto di aver fatto la cosa giusta - forse la più giusta tra quelle che lascerà in eredità al mondo.

(Apparso originariamente su PaloAltoPatch il 29 agosto 2011)