Subito dopo aver finito Outland, mentre scorrevano i titoli di coda sullo schermo, mi sono sentito pervaso da una sensazione di deja vu, come se fossi appena tornato da un viaggio indietro nel tempo.

Non parlo di deja vu a proposito degli innumerevoli elementi che il titolo "prende a prestito" da altri giochi, ma proprio della sensazione generale... probabilmente perché Outland mi ha ricordato molto il feeling dei platform anni 90 per Amiga, con quel suo design pulito, ma a tratti poco ispirato, con i suoi salti millimetrici, ma incastonati in sezioni cervellotiche, e soprattutto con la sua pazzesca fluidità e perfezione tecnica, figlia di nottate e nottate passate a codare sul 16 bit Commodore nelle gelide lande del nord.

Outland è infatti l'ultimo titolo di Housemarque, la software house finlandese formata da ex sviluppatori Amiga che si era già distinta con Super Stardust HD e Dead Nation su PSN. Questo è il loro primo titolo a uscire anche su XBox Live Arcade e, considerato lo stato attuale del PSN, è stata una mossa quantomeno azzeccata...

I possessori di PS3 potranno giocare a Outland "when it's ready" (il PSN)
Come avrete già letto altrove, Outland saccheggia ad ampie mani qui e là: lo stile grafico ricorda Limbo, il platforming Prince of Persia, i boss sembrano una versione 2D di quelli di Shadow of the Colossus, e soprattutto la meccanica di switching dei colori è la stessa di Ikaruga.

Cioè, il personaggio può diventare in qualunque momento rosso o blu, rendendosi invulnerabile ai proiettili dello stesso colore ed acquisendo la possibilità di attaccare i nemici del colore opposto. In realtà questa meccanica è fortemente integrata anche nel platforming, in quanto alcune piattaforme (così come altri meccanismi presenti nello scenario) si attivano solo quando si è del loro stesso colore.
Alcuni passaggi tendono a generare qualche grattacapo
Quando all'inizio parlavo di "sezioni cervellotiche" mi riferivo a situazioni in cui ad esempio ti trovi su una piattaforma blu, salti e devi diventare rosso per evitare una colonna di proiettili comunisti, alla fine del salto devi ridiventare blu per far ritrarre gli spuntoni rossi che nel frattempo sono apparsi sul pavimento su cui stai per atterrare, e a due passi hai un nemico pure lui blu che se lo colpisci senza ridiventare rosso non gli fai niente.

Il tutto tipo in frazioni di secondo, ma per fortuna il gioco è fluidissimo e ancorato in maniera commovente ai 60 frame al secondo, che è una cosa che fa piacere in quest'epoca di titoli tutti fatti con lo stampino (dove stampino = Unreal Engine, il SEUCK del terzo millennio) e che vanno a 30 traballanti frame per secondo quando va bene. Il personaggio risponde ai comandi in maniera ottima, e con un po' di pratica si riescono a fare robe davvero spettacolari: non c'è niente da fare, il platform è un genere che dà il suo meglio solo nel 2D.
Diciamo che Outland copia, ma lo fa bene
Outland, come da tradizione nordica, è un gioco che va avanti in maniera costante, ma un po' fredda: si ammira la grafica, si dice "toh, ma guarda un po'!" davanti alle sezioni più macchinose, spunta la lacrimuccia osservando i sinuosi pattern dei proiettili rossoblu, memoria delle demo Amiga che furono, ma per il resto non ci si emoziona più di tanto. È tutto molto ben fatto e molto ben curato: per dire, i vari nemici che si incontrano richiedono tutti di essere affrontati con una strategia particolare e diversa per ognuno, e alla fine le mosse a disposizione del protagonista le si usano tutte.

Un ottimo lavoro di game design, quindi, ma che non coinvolge appieno. Poi però arrivano gli scontri coi boss, e lì finalmente l'occhio ammirato ma stanco del videogiocatore si spalanca ed il gioco ESPLODE. Gli scontri con i mostri di fine livello sono sicuramente la parte più riuscita di Outland, il momento in cui tutto l'ingegnoso sistema di gioco finisce di essere pura masturbazione intellettuale per prendere finalmente allo stomaco.
Continuiamo a dire che Outland copia, ma lo fa bene
Schivate all'ultimo secondo in mezzo a piogge di proiettili, salti tra piattaforme sospese nel vuoto, e soprattutto la possibilità di mettere a frutto tutto ciò che si è imparato nei livelli normali, invece di passare attraverso noiosi quick time event o di sfruttare qualche stratagemma estraneo alle meccaniche di gioco.

Gli scontri coi boss sono caratterizzati anche dall'assenza assoluta di checkpoint, cosa che non mi sento di bocciare in toto, perché altrimenti forse sarebbero stati troppo facili, ma del resto è scontato che ripetere più e più volte la stessa sezione può diventare frustrante.
I checkpoint (nella foto, quel robo di fianco al protagonista) sono piuttosto radi
Alla fine il parere recensopolo è che Outland è una sequenza memorabile di scontri coi boss, intervallata da livelli ingegnosi, ma che non coinvolgono troppo, incorniciata in una realizzazione tecnica assolutamente impeccabile e con uno stile grafico accattivante e d'impatto. Dategli un'occhiata se vi piacciono i platform all'antica e se avete amato Shadow of the Colossus.

PRO:
Gli scontri coi boss
Realizzazione tecnica zero difetti made in Finland
Stile grafico accattivante

CONTRO:
Intellettualmente stimolante, ma poco coinvolgente nelle fasi normali
Checkpoint un po' bastardelli (e completamente assenti nei combattimenti coi boss)
I video che circolano in rete non rendono giustizia alla fluidità del gioco

GIUDIZIO FINALE: 8-
Bello senz'anima nei livelli normali, esplosivo nelle fasi coi boss.