Per quanto riprendesse molti elementi da Virtua Fighter, il primo Tekken aveva comunque una sua identità ben precisa. Laddove il titolo Sega era sincopato e nervoso, il picchiaduro Namco si beava dell'ampollosità delle sue animazioni, ampie e distese, e si concedeva anche il vezzo di cambiare inquadratura in occasione di prese e chiavi articolari, per sottolinearle con un taglio più dinamico e spettacolare.

C'era già qualche juggle combo, ma si trattava di extra occasionali, possibili solo con personaggi particolari (a naso direi solo con Kazuya ed Heihachi, grazie al loro uppercut). Per il resto, l'attenzione era tutta sulle combo "normali", da mandare a memoria sia per imparare ad eseguirle, che per imparare a pararle o, ancora meglio, a schivarle, abbassandosi al momento giusto.

Oggettivamente, oggi Tekken appare come un blob informe: come quasi tutti i giochi dell'epoca, è invecchiato davvero, davvero male. Soggettivamente, ovvero per me, Tekken rimarrà per sempre il gioco con cui scoprii la grafica poligonale: un concentrato di stupore e meraviglia, scandito dai lunghi pomeriggi passati a memorizzare ogni singola mossa di ogni singolo personaggio.

E quei pomeriggi, si sa, avranno sempre la fragranza ovattata, familiare e accogliente del ricordo.


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